Orotelli è un piccolo borgo di soli duemila abitanti situato nella Barbagia di Ollolai, ai piedi della catena montuosa del Marghine, territorio ricco di rocce granitiche, materiale di costruzione delle abitazioni tipiche del paese. Così come altri centri della Sardegna, Orotelli è un paese ricco di tradizioni che si tramandano ormai da secoli, prima fra queste il carnevale.
Le manifestazioni del carnevale orotellese rimandano al mondo agropastorale, mostrandoci un bizzarro capovolgimento del rapporto tra animale e padrone. I rituali propiziatori per la pioggia, la fertilità della terra e un ricco raccolto, rappresentano il rapporto dell’uomo con la natura, in alcuni casi pacifico, in altri contrastato.
Secondo la tradizione, il carnevale consentiva ai poveri braccianti del paese di fare il verso ai proprietari terrieri senza doverne subire le conseguenze; potevano così vendicarsi dei torti subiti durante l’anno, ribaltando i ruoli all’interno della società. Sicuramente è possibile rintracciare reminiscenze delle antiche celebrazioni in onore di Dioniso. Le cosiddette “Grandi Dionisie” dedicate al il dio del vino, dell’ebbrezza e della vegetazione si tenevano nella Grecia arcaica alla fine di marzo.
Le maschere tipiche sono i “Thurpos” (i ciechi), che indossano scarponi e gambali di cuoio (“sos gambales”) e un cappotto d’orbace (un tessuto tipicamente sardo, realizzato con lana grezza e caratterizzato da irregolarità del filato). Denominato “su gabbunu”, il cappotto è di colore nero e con il cappuccio calato sugli occhi. A tracolla hanno una bandoliera di campanacci, utilizzata per scacciare gli spiriti maligni. Il loro volto è coperto dalla fuliggine, ottenuta con del sughero bruciato, anche questo utilizzato per allontanare la cattiva sorte.
I Thurpos avanzano a gruppi di tre, mimando scene della vita contadina. Una di queste scene mostra “su Thurpu Voinarzu” (il contadino) che guida i “Thurpos Boes” (i buoi), i quali trasportano il pesante aratro, con delle corde legate intorno alla vita, e vengono incitati a lavorare dal contadino, che si serve di una frusta per governare gli animali.
Un’altra scena rappresenta invece “su Thurpu Vrailarzu” (il fabbro) che ferra i “Thurpos Boes”.
C’è poi il Thurpu seminatore che lancia il grano sulla folla, e il Thurpu che accende il fuoco.
Oltre ai Thurpos ci sono anche “Sos Erithaios” (i ricci), che indossano un saio bianco e una collana di spine di riccio; questi durante la festa si divertono ad abbracciare le donne per pungerle con i loro aculei; anche questa usanza si riferisce agli antichi rituali per propiziare la prosperità e la fecondità.
La domenica e il lunedì di carnevale si svolge “sa prenda”: i Thurpos si lanciano tra la folla e catturano con delle funi alcune persone senza la maschera e che, per essere liberate, dovranno offrire loro da bere. Il martedì invece i ruoli si invertono, perché sono i Thurpos ad offrire da bere agli spettatori.