La parrocchiale di San Giorgio rappresenta uno degli esempi più completi delle opere gotico – aragonesi realizzate nel nord dell’isola. Una leggenda racconta che il santo abbia partecipato alla costruzione della chiesa; gli operai vedevano aggirarsi in mezzo a loro una persona infaticabile che non conoscevano e alla quale non osarono mai chiedere chi, in realtà, fosse. Il Santo, poi, con grande meraviglia di tutti, scompariva misteriosamente ai momenti dei pasti e della paga.
Fu edificata tra il quarto e il quinto decennio del Cinquecento. La data più antica è quella del 1551, presente sulla lapide tombale di Elena de Leda. Nelle forme attuali risale al 1570, come testimonia la data incisa nell’arco della terza cappella a destra.
La facciata, in conci di arenaria, conserva qualche motivo romanico. I contrafforti diagonali formano con il piano del prospetto una sorta di quinta scenografica, messa in risalto dalla più tarda scalinata. La cornice ornata da un tralcio di vite divide la facciata in due ordini. Al di sotto della cornice, si snoda un raffinato intreccio di archetti inflessi ed un bel portale, con sottili semicolonne fra pinnacoli, ad arco a tutto sesto con conci lavorati a ventaglio, ornato da gattoni e da un fiorone centrale. Al culmine della facciata si colloca la statua del Santo che, con la spada sguainata, trafigge il drago posto ai suoi piedi.
La chiesa si presenta a navata unica con cappelle laterali e campate gotiche con volta a crociera. Il presbiterio è quadrato, secondo la tipologia sardo-catalana. La capilla mayor è coperta con volta stellare costituita da sedici cordonature e cinque gemme pendule. Ai lati delle campate, divise da archi trasversi a sesto acuto su pilastri, si aprono cappelle voltate a botte con arcate d’accesso a tutto sesto.
All’interno si segnalano tre bellissimi retabli lignei: i due altari gemelli delle cappelle laterali, realizzati nel 1764, che conservano, l’uno, le statue secentesche di S. Lorenzo, S. Sebastiano e S. Narciso (XVI sec.) e l’altro quelle di S. Barbara, S. Andrea e S. Gavino di fine ‘500, appartenute ad un precedente retablo; il retablo della Madonna delle Grazie della fine del ‘700.