La Roccia dell’Elefante è un monumento naturale nel territorio comunale di Castelsardo, in località Multeddu, in provincia di Sassari, ben visibile sulla S.S. 134.
La Roccia dell’Elefante ha un’altezza di circa quattro metri e, dal punto di vista geologico-geomorfologico, si tratta di una roccia a composizione trachitica e andesitica di grosse dimensioni, caratterizzata da un forte color ruggine. Si presenta notevolmente erosa dagli agenti atmosferici che gli hanno conferito il particolare aspetto che ricorda la figura di un elefante seduto. Originariamente la roccia faceva parte del complesso roccioso di Monte Castellazzu dal quale si distaccò franando sino a valle.
Oltre alla sua valenza naturalistica e paesaggistica, la Roccia dell’Elefante ha, inoltre, una notevole rilevanza archeologica. Infatti al suo interno ospita due sepolture di tipo Domus de Janas, risalenti al periodo Neolitico finale (3200-2800 a.C.).
Della Tomba I (superiore), notevolmente danneggiata dagli agenti atmosferici, restano tracce di tre vani di modeste dimensioni. Si è ipotizzato che la distruzione di questa tomba sia avvenuta già in antico, e abbia motivato la costruzione della tomba sottostante.
La Tomba II (inferiore) si presenta ben conservata e risulta formata da un breve corridoio a cielo aperto detto “dromos”, un’anti-cella, due celle successive, disposte lungo l’asse longitudinale e un’ultima cella, aperta sul vano precedente. Sulle pareti laterali del primo vano sono scolpite in rilievo due protomi bovine, con corna a mezzaluna. Anche le pareti del secondo vano risultano decorate con motivi architettonici.
In passato, nei documenti e nelle cartografie, la roccia era chiamata ”Sa pedra pertunta‘‘ (“la pietra traforata” in dialetto locale). Solo dopo il 1914 ad opera dello studioso Edoardo Benetti la formazione prese l’attuale nome di Roccia dell’Elefante.